Il funzionamento del nostro cervello: l’humus del Neuromarketing
[Aggiornamento del 18 Agosto 2016] A distanza di più di un anno mi sono reso conto che questo articolo sul Neuromarketing è ancora molto attuale ed utile per chi volesse avvicinarsi a questa interessante disciplina e comprenderne le basi. Ma come tutte le novità necessita di qualche aggiornamento che vado ad integrare direttamente nel contenuto del post.
Per chi volesse sperimentare qualche applicazione pratica in ambito web marketing e trarne degli utili consigli per migliorare le proprie tecniche di persuasione e vendite online suggerisco, se non lo avete già fatto, di dare un’occchiata a questo imperdibile articolo scritto alcuni mesi dopo: Neuromarketing: 6 tecniche da prestigiatore per vendere online (e off-line)
Ma adesso ripartiamo con il contenuto originario (con qualche piccola integrazione e aggiornamento)…
Neuroscienze: come funziona il cervello umano?
Nel precedente articolo sul Neuromarketing vi ho raccontato di come fino ad oggi il marketing si sia occupato solo di quel piccolo 5% (che governa la parte razionale) dell’area decisionale nelle scelte di acquisto. Mentre oggi abbiamo l’opportunità di esplorare, studiare ed utilizzare in modo appropriato (ed etico) anche quel 95% di area decisionale che è osservabile solo grazie alle scoperte ed all’applicazioni delle neuroscienze in campo marketing.
Per capire meglio dove si colloca questa parte così importante delle nostre decisioni di acquisto, dobbiamo fare un’immersione nel funzionamento profondo del cervello umano. Senza nessuna pretesa di scientificità, riporto qui in sintesi quanto ho appreso da letture dedicate e seminari sull’argomento. Per chi volesse approfondire di seguito alcuni testi di riferimento:
• NeuroMarketing: il nervo della vendita di Patrick Renvoisé (Le Lettere 2006)
• Neuromarketing di Martin Lindstrom (Apogeo 2008)
• Psicologia dei consumi di Olivero Nadia e Russo Vincenzo (McGraw-Hill 2013)
• Neuromarketing e scienze cognitive per vendere di più sul web di Andrea Saletti (Dario Flaccovio Editore 2016)
Ma torniamo al nostro cervello 🙂
Le recenti scoperte nel campo delle neuroscienze ci dicono che il cervello umano si è sviluppato su tre strati (attraverso un processo di evoluzione millenaria) ed ognuna di queste parti lavora e agisce con specifiche modalità, in alcuni casi in modo coerente e in altri in modo conflittuale con le altre parti. Sistemi connessi che operano costantemente in mutua collaborazione.
Su questo aspetto ringrazio Andrea Saletti che nella giornata fiorentina di ieri, dedicata alla scienza della persuasione applicata al web, ha reso in modo estremamente chiare queste differenze.
Cervello Recente (ominide o corticale)
Cominciamo da quello che conosciamo meglio…
Il Cervello Recente lavora prevalentemente in maniera logica e razionale, e si occupa dell’elaborazione razionale delle informazioni e degli stimoli. Le sue caratteristiche sono che è presente solo ed esclusivamente nell’uomo (e scientificamente è quello che ci distingue dagli altri animali, che ci rende appunto razionali e umani); lo utilizziamo prevalentemente per le funzioni cognitive evolute (pianificazione, ragionamento, studio, problem solving) ma anche e soprattutto per l’apprendimento e l’elaborazione del linguaggio (parlare, leggere, suonare, ascoltare musica etc). Qui prendono forma tutti i processi cognitivi a livello conscio: dalla definizione dei nostri obiettivi, al ragionare e riflettere sulle nostre scelte, all’elaborazione delle interpretazioni sulla vita e sul mondo.
Cervello Intermedio (mammifero)
Il Cervello Intermedio, lavora invece prevalentemente in maniera automatica (stimolo > risposta). E’ un’area molto piccola ma estremamente importante perchè è la sede del sistema limbico (centro delle sensazioni di piacere o ricompensa), si è sviluppata in un periodo successivo dell’evoluzione umana ed è caratteristica della specie dei mammiferi. Questa parte del cervello comprende tutta l’area emotiva umana, è il luogo dove si sviluppano appunto le Emozioni e la percezione della realtà.
Qui risiede l’amigdala e il talamo, zone rispettivamente delegate alla decodifica e formazione delle sensazioni di paura, fiducia, rilevanza ma anche delle emozioni di base come la felicità, la tristezza, la ripugnanza etc. Ma quest’area comprende anche l’insula, che connette il sistema limbico con il sistema dei neuroni specchio ed è un centro di integrazione viscero-motoria trasformando gli input sensoriali in reazioni viscerali. Area che interviene, insieme all’amigdala, nell’osservazione e nel riconoscimento di espressioni (facciali) emozionali di base, come paura, felicità, rabbia, disgusto, sorpresa, tristezza.
In questa piccola area del cervello avviene anche il rilascio della Dopamina, un neurotrasmettitore che ci motiva (e in certi casi ci condiziona) nelle scelte e nelle azioni che ci piacciono. Il suo funzionamento si basa sul meccanismo abbastanza complesso del rischio > ricompensa. Per chi volesse approfondire su Wikipedia potete trovate un punto di partenza 🙂
Per approfondire vedi anche: Neurobiologia delle emozioni: cosa accade nel cervello quando la persona prova un’emozione
Cervello Antico (rettiliano)
Il Cervello Antico lavora in maniera totalmente automatica, è ancestrale, cioè la prima parte del cervello che si è sviluppata nell’evoluzione della specie umana ed è quindi comune a tutti gli altri animali. Anch’esso ha delle caratteristiche specifiche che si possono riassumere in:
a) si occupa delle funzioni vitali di base (il battito cardiaco, la respirazione, la digestione ma anche più banalmente il battito delle ciglia e tutti gli altri movimenti)
b) si occupa anche di decidere, in una frazione di secondo, e valutare situazioni di Sicurezza / Pericolo (si preoccupa della nostra sopravvivenza)
c) agisce sulle pulsioni sessuali e sullo stimolo riproduttivo (motivo per cui i richiami sessuali continuano in ogni cultura ed epoca ad avere un forte potere attrattivo, almeno in termini di attenzione rubata)
d) determina lo stimolo della fame, interviene sul desiderio di sfamarsi, cibarsi (anch’essa una pulsione di base per la sopravvivenza).
Il Neuromarketing può aiutarci a capire come vengono prese le nostre decisioni?
Se teniamo presente che in ogni momento i nostri sensi ricevono più di 11 milioni di informazioni al secondo, ma ne elaboriamo consciamente solo 40, ci rendiamo conto subito della complessità di ogni azione e processo decisionale.
Solo gli occhi ne inviano al cervello più di 10 milioni. Incameriamo quindi 11 milioni di informazioni al secondo ma ne elaboriamo consciamente solo 40. Che fine fanno le altre 10.999.960?
Da qui anche l’altra interessante l’ipotesi (confermata dalle ricerche nel campo delle neuroscienze) che tali informazioni vanno a depositarsi in qualche parte del nostro cervello dove si combinano per produrre all’occorrenza idee nuove e originali, all’insaputa del nostro stato mentale conscio che solo a posteriori ne riconosce la validità. Ma questa è un’altra storia…
Torniamo pertanto ai nostri calcoli. Abbiamo detto che più del 90% dei dati elaborati dal cervello umano sono quindi di tipo visivo (acquisiamo informazioni dai 5 sensi ma ci basiamo principalmente sulla parte visiva). Ma soprattutto il nostro cervello processa le immagini (parte antica) 60.000 volte più velocemente dei contenuti testuali (parte razionale).
Inoltre la parte del cervello che processa le immagini (cervello antico) è molto vicina a quella che processa le emozioni (cervello intermedio).
Dovrebbe quindi essere abbastanza chiaro che in qualsiasi processo decisionale (complesso meccanismo di stimolo esterno > decodifica > risposta), dove il Cervello recente (quello più razionale) arriva sempre per ultimo, la nostra parte istintiva ed ancestrale gioca un ruolo estremamente importante.
Questo significa che anche se non ce ne accorgiamo razionalemente la nostra parte incoscia ha già valutato tutte le informazioni che sono arrivate dall’esterno e ha già deciso cosa fare prima ancora che intervenga la parte più razionale.
L’altro aspetto da non sottovalutare è anche che il nostro cervello ha la tendenza ad utilizzare poco gli stimoli provenienti dall’esterno e molto quelli prodotti al proprio interno sulla base di informazioni già esistenti. Questo meccanismo interpretativo, frutto di milioni di anni di evoluzione, tende a trasformare le decisioni di comportamento in pratiche routinarie che non obbligano il cervello a sforzi e calcoli complessi.
La disciplina del neuromarketing, attraverso lo studio ed elaborazione degli stimoli profondi che agiscono sul nostro complesso sistema celebrale, può quindi aiutarci a costruire il messaggio (e la forma) più efficace per la nostra comunicazione pubblicitaria, con storie ed esperienze coinvolgenti, comprendendo le pulsioni profonde delle persone e ricercando appunto il coinvolgimento emozionale che può portare il “consumatore” ad entrare in sintonia con il brand, il prodotto o la campagna di marketing online.
Ed una delle aree più innovative da esplorare con il neuomarketing è sicuramente l’ambito dello storytelling, ovvero la capacità dei brand di creare storie. Qui però mi fermo perchè si apre ancora un altro mondo.
Il tema è ovviamente molto più complesso (qui ho riportato solo la mia interpretazione semplificata) ed anche molto affascinante nelle sue molteplici sfaccettature. Vedremo quindi come svilupparlo ulteriormente in questo blog proprio in relazione alle strategie di marketing per il web (e non solo).
Se avete trovato interessante questo articolo condividetelo online e ditemi la vostra nei commenti.
N.B. Anche questi argomenti saranno approfonditi nel workshop dedicato all’applicazione delle Tecniche di Neuromarketing al Web. Ti invito a dare un’occhiata al programma del workshop. Potresti scoprirti interessato 🙂
Il workshop si terrà a Roma, venerdì 29 e sabato 30 MAGGIO 2015, i posti sono limitati ad un numero massimo di 8 partecipanti. E’ previsto anche uno sconto del 20% per chi si iscrive entro metà Maggio. Prenota subito il tuo posto!
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